Dopo la proiezione presso l’Istitute Francais – Centre Saint Louis, la regista Meryem Benm’Barek insieme a due rappresentanti di Amnesty International, Riccardo Nuri e Lara Petruccioli, ha presentato il film “Sofia” alla stampa, pellicola premiata al 71° Festiva di Cannes come Miglior Sceneggiatura nella sezione “Un certain regard”.
Sofia: le voragini di una società capitalista
Una chiacchierata piacevole ed un confronto costruttivo quello svoltosi oggi tra la regista e la stampa. La pellicola segue le vicende di un dramma familiare vissuto da una ragazza di vent’anni, Sofia, che vive a Casablanca con i suoi genitori, e che partorisce, dopo un diniego di gravidanza, una bambina senza essere sposata. Il lungometraggio si apre con la citazione del codice penale marocchino, che punisce con la reclusione ogni relazione sessuale al di fuori del matrimonio, mostrando il vero protagonista del film, che non è rappresentato da Sofia e il suo scandalo, bensì dalla società intera, intesa come unico veicolo di relazione, dove il “vero”, ad ogni costo, viene censurato e nascosto.
Amnesty International, a tal proposito, sottolinea l’attenzione necessaria verso i diritti umani e la criminalizzazione, all’interno di questo mondo, delle relazioni extraconiugali.
Sofia non è la vittima designata, ma la scelta consapevole dell’adeguamento al potere, alle dinamiche perverse e crudeli della società.
La regista ha posto più volte l’attenzione sul vero tema del film, che non è da ricercarsi principalmente nella discriminazione della donna, ma nel contesto, un vero e proprio scontro tra il Marocco ricco e quello povero, accentuato anche dal divario culturale presente nella scelta dei dialoghi in doppia lingua, araba e francese.
Sofia: i personaggi come cuore pulsante
Il nucleo vero della pellicola è la denuncia sociale esposta senza fronzoli, senza alcun romanticismo e senza la benché minima ricerca di emozione, ma mera rappresentazione delle dinamiche del potere. Una società che viene vista e dipinta, a tinte forti, come un grande gioco di scacchi, dove ognuno cerca di portare avanti la propria ascesa a discapito degli altri, quasi a volerli schiacciare.
Omar, il futuro marito di Sofia, è al tempo stesso vittima e carnefice in uno schema patriarcale, inteso come tale solo da un punto di vista giuridico, ma non culturale. Culturalmente, in un quadro impietoso ed implacabile, sono le donne ai vertici del potere e sfruttano la società maschilista in un gioco vivo di contrasti. Un sistema sociale che va avanti come un rullo compressore, dove sono soprattutto e proprio le protagoniste femminili ad auto-infliggersi meccanismi che alimentano questa spirale.
Una diseguaglianza voluta dalla regista e vissuta da lei in prima persona, nel suo nucleo familiare d’origine, un racconto dal linguaggio accessibile e diretto delle ossessioni del capitalismo, visto come una ruota che continua a girare vorticosamente, lambendo ogni cultura, in un processo di trasformazione che annulla ogni candore senza alcuna commiserazione, ma sotto uno sguardo pessimista e dal vivo realismo.
Chiaretta Migliani Cavina
08/03/2019