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Stefano Fresi protagonista di Dioggene: un viaggio teatrale tra passato, presente e humanity

Stefano Fresi torna sul palcoscenico con lo spettacolo “Dioggene”, scritto e diretto da Giacomo Battiato. Quest’opera andrà in scena al Teatro Ambra Jovinelli a partire dal 27 novembre fino all’8 dicembre, accompagnata dalla musica di Germano Mazzocchetti. L’attore, noto per la sua versatilità nel mondo del teatro, del cinema e della televisione, si dedica a un monologo che affronta tematiche profonde e attuali, utilizzando il personaggio di Nemesio Rea per esplorare l’essenza dell’umanità.

Il racconto di Dioggene: tre quadri incisivi

L’opera si compone di un monologo suddiviso in tre quadri, per una durata complessiva di novanta minuti. Durante la rappresentazione, Fresi interpreta il personaggio di Nemesio Rea, un attore immerso in una narrazione che inizia con “Historia de Oddi, bifolco”. Qui il protagonista si cimenta in un testo scritto in un volgare che rimanda al Duecento, raccontando la storia di un contadino toscano coinvolto nella drammatica battaglia di Montaperti, uno scontro famoso tra Siena e Firenze. Questo primo quadro stabilisce il tono storico e culturale dello spettacolo, interrogandosi sulla vita di chi ha totale inconscienza delle conseguenze delle guerre.

Stefano Fresi protagonista di Dioggene: un viaggio teatrale tra passato, presente e humanity

Il secondo quadro, intitolato “L’attore e il buon Dio”, presenta una scena più intima e complessa, in cui Nemesio reagisce alle tensioni famigliari prima di salire sul palcoscenico. Qui, l’ansia e il conflitto tra eventi personali e professionali vengono esplorati attraverso un confronto drammatico con la moglie. Questo momento offre una riflessione significativa sull’umanità, in particolare sul modo in cui le relazioni affettive possono essere influenzate dall’arte e dalla carriera.

Infine, nel terzo e ultimo quadro, assistiamo a un Nemesio reinventato: vive in un bidone della spazzatura, abbandonando le sue ambizioni passate e abbracciando una vita da reietto, in modo simile al filosofo greco Diogene, da cui il titolo dell’opera trae spunto. Qui, l’attore invita il pubblico a considerare la vera essenza del vivere, intesa come rifiuto delle convenzioni sociali e accettazione della propria identità.

Un tema universale: l’umanità di fronte alla violenza

Il tema centrale dello spettacolo è l’uomo di fronte all’odio e alla violenza, che oggi si manifesta in molteplici forme, dalla vita quotidiana alle guerre che infuriano nel mondo. Fresi esplicita che, attraverso la figura di Nemesio, si intende affrontare le sfide esistenziali dell’individuo, sottolineando quanto sia attuale e fondamentale discutere di tali questioni nel contesto contemporaneo. L’opera si offre come una riflessione profonda sui conflitti, sia interni che esterni, che ognuno di noi si trova a vivere.

La scelta di rappresentare un monologo, accompagnato solo da musiche evocative, è strategica: consente di mettere in risalto le emozioni e le sfide del protagonista, realizzando un’interazione profonda con il pubblico. Fresi invita gli spettatori a confrontarsi con la vulnerabilità e i dilemmi che sono parte della condizione umana, rendendo l’opera non solo un’esperienza teatrale ma anche un’occasione di introspezione.

La passione per il teatro e il salto di qualità

Stefano Fresi esprime un forte attaccamento al teatro, dichiarando di sentirsi maggiormente a suo agio in questo mezzo rispetto a cinema e televisione. Questa preferenza è motivata dal fatto che il palcoscenico richiede un impegno e una connessione immediata con il pubblico che non si trovano altrove. Nel teatro, ogni rappresentazione è unica e l’attore deve confrontarsi con la risposta diretta degli spettatori, il che aumenta il livello di adrenalina e coinvolgimento.

“Dioggene” rappresenta per Fresi un’importante sfida, in quanto l’intero pezzo è nelle sue mani. L’assenza di un “rete di protezione” offre una spinta verso la crescita artistica. Attraverso il lavoro costante e la memorizzazione del copione, l’attore risponde alle sfide di questa forma d’arte, dove ogni piccolo errore può avere ripercussioni significative. Questa esperienza porta Fresi a un’opportunità di espressione che va oltre il semplice intrattenimento, rendendo la sua performance un atto di coraggio e dedizione.

Riflessioni sul repertorio classico e sogni nel cassetto

Nel corso dell’intervista, Fresi esprime curiosità per l’opportunità di interpretare personaggi dello storico repertorio teatrale, come Falstaff, un ruolo che considera affascinante per motivi di fisicità e complessità. Tale ambizione si affianca anche a una realtà di gratitudine per le esperienze vive nel suo percorso artistico, dove ha avuto il privilegio di decidere del proprio destino professionale.

Le aspirazioni future di Fresi rimangono avvolte in un velo di mistero, sottolineando l’importanza di mantenere vivi i sogni, anche quelli che possono risultare irrealizzabili. Per l’attore, la speranza per il futuro diventa un motore fondamentale per la sua evoluzione artistica e per il continuo impegno a cercare progetti significativi e stimolanti.

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