- Regia: Danny Boyle
- Cast: Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, Katherine Warerson, Sarah Snook, Adam Shapiro, Perla Haney-Jardine, Ripley Sobo, Makenzie Moss, John Ortiz
- Genere: Biografico, colore
- Durata: 122 minuti
- Produzione: USA, 2016
- Distribuzione: Universal Pictures
- Data di uscita: 21 gennaio 2016
“Steve Jobs”: una favola di redenzione abile ed elegante
“Steve Jobs” è basato sulla biografia scritta da Walter Isaacson sulla celebre figura rivoluzionaria di Steve Jobs; la pellicola ripercorre i passi più importanti della rivoluzione che ha influenzato globalmente il mondo della sperimentazione tecnologica.
La storia è divisa in tre atti, ciascuno corrisponde al lancio di un innovativo prodotto Apple, presentato in tutto il suo stile e nella sua particolare estetica. Si parte dall’inaugurazione dell’originale Macintosh nel 1984, girato su pellicola 16 mm granulosa; a seguire l’introduzione del computer cuboide NeXT, che ha avuto luogo nel 1988, durante la pausa che Steve Jobs si prese dalla Apple. In ultima analisi il passaggio al digitale, nel 1998, con il lancio dell’elegante iMac e il ritorno trionfale di Jobs nell’azienda.
Steve Jobs era un uomo complicato, arrogante con tutti, familiari, amici e colleghi, e dal biopic si evince la forte personalità dell’uomo ‘dietro’ al personaggio, raccontato in un film complicato, energico e costantemente emozionante.
“Steve Jobs”, un biopic dai tratti introspettivi: umanità e debolezze di un uomo-icona degli ultimi decenni
Nei minuti che precedono ogni lancio di prodotto, Jobs (Michael Fassbender), interagisce con una serie di ricorrenti personaggi: il suo braccio destro, Joanna Hoffman (Kate Winslet), il co-fondatore di Apple Steve Wozniak (Seth Rogen), l’ex CEO di Apple John Sculley (Jeff Daniels), l’ingegnere Andy Hertzfeld (Michael Stuhlbarg) e la figlia di Jobs, Lisa (interpretata da tre differenti attrici, via via con l’avanzare dell’età).
Il rapporto fratturato del patron della Apple con la figlia Lisa, costituisce il fulcro emotivo di “Steve Jobs”, film che mostra come il protagonista manchi totalmente di empatia, e fa emergere tutti gli sforzi volti a compensare questa mancanza, gap emozionale che scaturirà nella creazione della macchina più intuitiva del mondo.
Al centro della vita di Jobs, ma soprattutto al centro di questo film, vi è una donna, Joanna Hoffman, responsabile del marketing, confidente coscienziosa del suo capo che lo supporterà e gli sarà vicino in tutti i momenti importanti dei vari pre-lanci dei prodotti Apple, nei backstage e nei tratti più salienti della sua carriera. Sorkin rende Kate Winslet la figura più affidabile e simpatica dello schermo, che con un accento europeo e una rigida efficienza, viene fuori come il personaggio più ricco di calore e umanità della storia della vita di Jobs.
“Steve Jobs”: una narrazione caratterizzata da un perfetto mix tra recitazione e regia, a discapito dell’analisi psicologica dell’uomo dietro il ‘personaggio’
Grazie all’interpretazione di Fassbender, Steve Jobs acquisisce grande fascino e si presenta come un dittatore accattivante, impossibile da ignorare. La qualità e l’alto livello della recitazione degli attori che compongono il cast è indiscutibile, i dialoghi sono costruiti magistralmente, ricchi di rabbia e passione. Le parole di Sorkin, lo stile di Boyle e il talento di Fassbender, hanno reso “Steve Jobs” un film pulito e definito sia narrativamente che visivamente, una sintesi perfetta di scrittura, recitazione e regia.
Purtroppo però il film non mostra molte sfumature della vita di Jobs: per esempio non viene menzionato il matrimonio durato fino all’anno della sua morte con Laurene Powell, pochi i riferimenti anche ai suoi bambini. La pellicola, a livello stilistico-narrativo, è perfettamente e sapientemente costruita, forse troppo, e finisce per risultare per molti aspetti fredda, poco approfondita sotto l’aspetto psicologico. La decisione di concentrarsi sulla sua personalità piuttosto che sugli eventi più importanti della sua vita rendono il film molto simile a un documentario, non si comprende infatti il soggetto nella sua interezza, lasciando sempre lo spettatore a una certa distanza.
Si potrebbe avanzare un paragone con il sistema operativo chiuso che Steve Jobs tanto voleva nei suoi computer, e che non permetteva l’accesso da parte di nessun altro dispositivo.
In ogni caso “Steve Jobs” rimane un film divertente che mostra come le grandi idee non nascono dal compromesso, ma dall’intuito e dalla determinazione.
Federica Fausto