L’opera prima del giovanissimo Savage è talmente brutta da lasciare senza parole
Regia: Rob Savage – Cast: Philine Lembeck, Oliver Malam, Hannah Wilder, Sid Akbar Ali – Genere: Drammatico, colore, 85 minuti – Produzione: Regno Unito, 2012.
È veramente difficile parlare in maniera educata di un film che ruba 85 minuti di vita allo spettatore, che non può che tirare un sospiro di sollievo al sopraggiungere dei titolo di coda.
Il diciottenne Savage porta sullo schermo uno script al quale sta lavorando da quando aveva sedici anni, e forse doveva lavorarci ancora un po’, e riflettere a lungo sul mestiere che è opportuno fare da grande, perché “Strings” è un film mal fatto, da qualsiasi angolazione lo si guardi.
La sceneggiatura è assente, e la macchina da presa si muove avventatamente sui personaggi, con l’arroganza di propinare persino messaggi filosofici, come in una scena in cui improvvisamente l’inquadratura si allarga, mostrando attorno agli attori microfoni, operatori, tecnici e quant’altro. Il tutto, dice il regista, per mostrare come i giovani si vogliano sempre al centro dell’attenzione.
I dialoghi sono inconsistenti e banali, come i personaggi e le loro esperienze, per altro esclusivamente di natura sessuale.
Forse il team che ha selezionato la pellicola assumendosi la responsabilità di presentarla in concorso ad ‘Alice nella città’ voleva in cartellone una copia, peraltro sbiadita, di “Marfa Girl”, presentato in concorso al Festival.
Maria Grazia Bosu