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Attori sulla tavola rotonda: Tom Hanks, James Franco, e i trucchi del mestiere

Sei delle più grandi star della stagione, Tom Hanks, James Franco, John Boyega, Gary Oldman, Sam Rockwell e Willem Dafoe hanno da ridire su tutto, da come affrontare i nervi a come respingere i molestatori.

James Franco

Tom Hanks, James Franco e altri grandi attori riuniti: cosa vuol dire lavorare nel cinema

Gli attori spesso fingono di essere altre persone, è il loro lavoro. Ma cosa succederebbe se cambiassero vita, o occupazione? “Io vorrei fare il giornalista” dice Tom Hanks, 61 anni, che interpreta il leggendario editore Ben Bradlee nel film “The Post”. James Franco (“The Disaster Artist”), 39 anni, è appassionato di scrittura, cosa che ha fatto in molti modi. John Boyega (“Detroit”), 25 anni, opta per l’architettura; Willem Dafoe (“The Florida Project”), 62 anni, vorrebbe essere un cuoco o un coltivatore; Gary Oldman (“L’ora più buia”), 59 anni, continuerebbe la sua passione fuori dallo schermo: “La mia passione è la fotografia. Potrei farla fino alla fine dei tempi.” Ma Sam Rockwell (“Tre manifesti a Ebbing, Missouri”), 49 anni, dice che non ha altra opzione al di fuori di “continuare a dare gas. Non ho un piano B. Non ho nessuna abilità, amico.”

Fortunatamente per lui e per tutti gli attori riuniti per la tavola rotonda annuale di attori dell’11 Novembre, indetta dall’Hollywood Reporter, non c’è bisogno di aggiornare le loro competenze.

Cosa ti ha sopreso di più riguardo all’essere un attore?

 WILLEM DAFOE: Non è mai lo stesso lavoro perchè ci sono cosi tante cose che cambiano. Una delle prime che bisogna fare è scoprire da dove iniziare; è diverso ogni volta. Non è come se ci fosse un modo fisso per approcciarti alla recitazione, e usi sempre quello schema. Il target è sempre diverso, ed è questo il bello.

Come lo capisci?

WILLEM DAFOE: Mi piace non saperlo. E se l’hai fatto abbastanza, è bello stare in pace con il tuo timore. Finisci in quella zona in cui non sai; ci sei già stato prima e ciò ti da il coraggio che normalmente nella vita non hai.

La paura ti ha mai sopraffatto?

GARY OLDMAN: Si. Prima del film “La talpa”. Non sono davvero sicuro di cosa è successo. Due o tre settimane prima di iniziare mi sono congelato, ho avuto una paura da palcoscenico che mi bloccava le ossa. Non l’avevo mai provata prima, e non sapeva cosa stava succedendo, se era solo ansia o un attacco di panico. Certamente tutti noi abbiamo nervi a una prima esperienza. Ma sono sempre stato un attore relativamente rilassato. E normalmente avrei guardato a questi attori nervosi pensando, “Oh signore, se dovessi farlo ogni sera, non saprei come andare avanti.”

 E come ti è passata?

GARY OLDMAN: Un dottore mi ha semplicemente prescritto qualcosa con cui calmarmi. E sapete una cosa? Sono andato sul set e ho detto “Oh, ora so dove sono.”

WILLEM DAFOE: Per superare questa paura hai bisogno di aggrapparti a qualcosa, e a volte può essere anche una cosa semplice come un costume. Io spesso ricordo l’esperienza di “Cuore selvaggio”. Avevo quei denti, che stavano dappertutto. Mi mettevo questi denti in bocca e mi impedivano di chiuderla. Avevo sempre quell’espressione, e mi dava l’idea di sapere chi fosse quel tipo.

Hai avuto mai un momento particolarmente duro come attore, John?

JOHN BOYEGA: Nel film del 2017, “The Circle”.

TOM HANKS: Davvero?

JOHN BOYEGA: Il mio penultimo giorno, avevo un grande discorso da interpretare che avrebbe dato al pubblico molte spiegazioni sulla storia, e io mi sono bloccato. Mi sono bloccato e mi sono dimenticato tutto. Io ero lì con Emma Watson, che è stata fantastica. Emma provava a dirmi “Ricordati le battute e basta. Che ti succede?” E io non ce la facevo. E’ stato imbarazzante.

SAM ROCKWELL: E come l’hai superato?

JOHN BOYEGA: Hanno dovuto girare pezzo per pezzo. E ho dovuto ripensare a tutta la cosa quando sono rimasto da solo e ho capito qual’era il problema. Il problema era la paura delle tempistiche.

TOM HANKS: Oh si, quella paura.

JOHN BOYEGA: Questo è stato il mio primo anno in cui ho lavorato in progetti cosi serrati. Non ne avevo mai avuto l’occasione prima. Una delle cose più dure che ho affrontato è vedere ora la mia vita divisa in segmenti. “Adesso stiamo girando Star Wars nel 2017, poi un’altra cosa nel 2020…”

TOM HANKS: E’ adorabile quando succede ai ragazzi, no? (ride)

JOHN BOYEGA: E’strano che io non avessi mai provato qualcosa del genere prima, perchè sono cresciuto facendo le mie cose giorno per giorno: in classe ogni giorno, in chiesa un giorno su sette. Ma ora è diverso: “Ora hai questo programma che durerà per sei, sette mesi, e stai vedendo la tua vita in pezzi”, e a volte dimentichi tutto il resto. Sono pieno di lavoro ora. Intendo, so che ho tempo di prepararmi, ma sono giovane, provo a fare queste cose impegnative tenendomi in equilibrio facendo tutto insieme. E lì ho capito i miei limiti.

 

Siete stati mai intimiditi dal lavorare con qualcuno? Ad esempio Meryl Streep?

TOM HANKS: Io non sento mai di star facendo il film fino a quando non sono passati tipo tre giorni di lavorazione, perchè tutti all’inizio lavorano spensieratamente, fino quando si arriva a un punto in cui ti ritrovi a fare una sfacchinata. Ma te lo dirò, le leggende, gli eroi con cui vai a lavorare, lo fanno tutti nello stesso modo. Loro provano le battute, lo fanno in un milione di modi diversi, iniziano, si fermano, fino a quando non si sentono pronti. È un processo liberatorio a cui assistere.

John, hai girato una scena in “Star Wars” con principe William e Principe Harry. Com’è stato?

JOHN BOYEGA: Si, e con Tom Hardy. E’ stato divertente. Ho pensato “Certo, è Star Wars, e stanno portando qua la famiglia reale!” (ride). Ma è stato divertente, erano vestiti da Stormtrooper. In fondo è Star Wars, sei un ragazzo e ogni giorno c’è un nuovo pianeta e una nuova scena da interpretare. Ti fa sentire come se facessi parte della storia o parte di qualcosa che impari a conoscere, che ora è la tua realtà. E’ strano vederlo giorno per giorno.

È diverso quando si tratta di una storia vera come “Detroit”?

JOHN BOYEGA: E’ molto diverso. Ti mette in una posizione di responsabilità. Il mondo è corrotto oggi, e questa storia (riguardante le rivolte di Detroit del 1967) ha un tono molto più serio, mentre su Star Wars si ha un piglio molto più leggero.

Cosa intendi con “il mondo è corrotto oggi”?

JOHN BOYEGA: Intendo che “Detroit” è una riflesso, anche se è ambientato 50 anni fa, di quello che sta succedendo oggi in termini di rapporti razziali. Le linee si sono sfocate in termini di quanto lontano siamo arrivati.

Senti mai di star facendo qualcosa di non abbastanza significativo?

SAM ROCKWELL: Oh! Io voglio solo intrattenere e fare ridere la gente.

WILLEM DAFOE: Quando ho iniziato a recitare il mio sogno era di lavorare vicino a persone che ritenevo eccitanti. Ho iniziato in un teatro non convenzionale a New York e sono stato in quel teatro per 27 anni. Quindi mi sono sempre sentito un outsider nel senso che non calcavo la scena teatrale tradizionale. Ma era un tempo a New York (la metà degli anni ’70) in cui i pittori facevano musica, i danzatori facevano film, tutto era mischiato. E c’era anche un tipo di mentalità che non era arrivista; loro semplicemente facevano le cose per il momento, e questo era un addestramento bellissimo per me.

Tom, c’è qualche ruolo in particolare che ti piacerebbe interpretare?

TOM HANKS: Devo dirlo, io non lavoro in questo modo. Quello che facciamo è molto istintivo. Noi dobbiamo avere un po di, come la chiamano, coup de foudre? Un lampo che ti colpisce e improvvisamente non te lo puoi più togliere dalla testa. Ci sono temi, pensieri, che mi piacerebbe essere capace di esaminare. Ho fatto “Cast Away” perché volevo esaminare il concetto di quattro anni di speranza, in cui non hai nessuna risorsa con cui vivere, acqua, cibo, riparo, fuoco o compagnia.

SAM ROCKWELL: Hai perso un sacco di peso velocemente per quel film. Mi ricordo che ne “Il miglio verde” eri pesante e poi hai dovuto subito perdere peso.

TOM HANKS: Ho avuto un anno intero per farlo. Abbiamo girato la parte “grassa” del film, e poi ci siamo presi un anno di tempo. Mi sono fatto crescere una barba lunga quanto la Interstate 10 e ho perso più chili che ho potuto. Non lo raccomando a nessuno, non è un bel modo di vivere. 

Tom,  tu hai detto che sei affascinato da certi temi. Un tema che non è stato esplorato nei film da un po’ è la molestia sessuale. Tutte le accuse sui predatori sessuali a Hollywood ti hanno sorpreso?

TOM HANKS: No, no. Perchè, guarda, ci sono un sacco di ragioni per cui la gente fa questa cosa per vivere. Fare un film è un esperienza che può creare una certa “triste gioia”. Puoi conoscere la persona con cui ti innamorerai, potrai ridere a crepapelle. Queste sono le cose belle. Ma durante i film accadono anche cose brutte. Ci sono persone che entrano in questo business perchè stanno perdendo potere, e ci entrano proprio per sentirsi più potenti; per questo colpiscono quelli che sono al di sotto di loro, e non intendo sempre in maniera sessuale. I predatori sono dappertutto.

Hai mai visto qualcosa del genere avere luogo, e hai fatto qualcosa?

TOM HANKS: Come te la metto? Noi abbiamo prodotto un progetto in cui qualcuno ci ha raccontato “c’è un episodio di molestia sessuale in corso.” E appena ne abbiamo sentito parlare, ci siamo fiondati. Parli con tutti nell’azienda e scopri cos’è successo, cosi ci vai immediatamente. La differenza è che ci sono cose che accadono sul set che possono essere davvero inappropriate, e ci può essere quel tipo di aspetto predatorio sul set perché pensi: “Bene, siamo nel circo, quindi qui le regole non si applicano” L’altro aspetto è “Vuoi che ti dia un lavoro? Allora vieni e provami che vuoi questo lavoro.” È un peccato ed è contro la legge, ed è una tipologia di comportamento che va contro I codici dell’etica. Io penso che chiunque abbia un ufficio di produzione deve avere un codice e un etica di comportamento. Se non le segui, non puoi lavorare qui. E non vuol dire necessariamente fare una cosa sbagliata. Qualcuno dice “è troppo tardi per cambiare le cose?” No non è mai troppo tardi. Non è mai troppo tardi per imparare nuovi comportamenti. Ed è responsabilità di chiunque voglia obbedire a un etica professionale.

Se potessi mettere un film, e una performance rappresentativa della migliore recitazione in una capsula del tempo, quali sarebbero?

SAM ROCKWELL: Come film direi “Il cacciatore”. Ha avuto un enorme impatto su di me quand’ero giovane. L’ho visto con mio padre, e allora mio padre assomigliava a De Niro; aveva la barba e un neo sulla guancia.

TOM HANKS: Robert Duvall come Tom Hagen ne “Il padrino”.

JAMES FRANCO: De Niro in “Mean Streets“, “Taxi Driver and Toro scatenato.

WILLEM DAFOE :Il film del 1931, “Frankenstein”. Boris Karloff.

GARY OLDMAN: George C. Scott in qualsiasi cosa.

JOHN BOYEGA: Io sono andato all’università alla Greenwich di Londra, e un giorno, mentre leggevo, ho sentito una grande esplosione nei piano sottostanti, cosi tutti gli studenti sono andati a vedere cosa stava succedendo. E quando sono arrivato lì ho visto che c’era un set, e c’era Johnny Depp che interpretava Jack Sparrow sopra a due carrozze, mentre faceva un pericoloso stunt. E sono stato lì per mezza giornata a guardarlo. L’ho fatto perchè non ero mai stato cosi vicino a un set. E spesso ripenso a come mi sono sentito quella volta , perché allora avevo una passione grezza, istintiva per la recitazione.

 

Nicolò Piccioni

Attori sulla tavola rotonda: Tom Hanks, James Franco, e i trucchi del mestiere

1/12/2017

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