Il Regista Terry Gilliam, affiancato dal direttore della fotografia Nicola Pecorini, ha incontrato la stampa in occasione della presentazione del travagliato film “L’Uomo che Uccise Don Chisciotte“.
L’uomo che uccise Don Chisciotte: lo stile di Terry Gilliam tra realismo e fantasia
La conferenza stampa è iniziata subito con le domande dei giornalisti. Il primo quesito posto al regista è stato sulla scelta di Adam Driver per il ruolo che originariamente doveva sostenere Johnny Depp. Terry Gilliam ha risposto che ha incontrato Adam in un pub a Londra, non aveva mai visto nessun film con lui nel cast. Aveva un’immagine così lontana dalle star di Hollywood, molto reale. Gli è sembrato opportuno per un progetto che ricominciasse da capo.
Il discorso è virato poi sul lavoro di Gilliam dove elementi fondamentali sono la fantasia, l’immaginario, l’onirico, l’irrazionale. Il Maestro ha dichiarato che tutti i film concernono la fantasia e il suo contrasto con la realtà, nel “Don Chisciotte” questa dicotomia è perfettamente espressa dai due personaggi principali, dove naturalmente Don Chisciotte rappresenta l’aspetto fantastico e Sancio Panza quello reale. Ha affermato poi che trova criticabili quei film dove c’è solo l’aspetto fantastico, ma anche quelli che ne sono del tutto privi.
Il suo Don Chisciotte è stato tutto girato in riprese esterne reali o in edifici preesistenti, nulla è stato ricostruito in studio e questo ha dato delle basi realistiche alla vicenda che invece è molto immaginifica. Io e i miei collaboratori – ha detto – giriamo molte scene e poi le montiamo per darvi un prodotto finito, ognuno di voi lo valorizzerà con la propria fruizione, quindi se a qualcuno non piace (ride), la colpa è sua.
L’Uomo che Uccise Don Chisciotte: un lavoro amato e travagliato
Per quel che concerne la genesi della sceneggiatura, Terry ha ammesso che se ne potrebbe discuterne per 30 anni. Il regista aveva letto il libro nel 1989, un tomo sostanzioso e ricco di elementi, aveva reputato impossibile farne un film, ma non voleva morire con questa sorta di risentimento.
La produzione ha avuto tutta una serie di problematiche, per cui varie stesure si sono succedute, fino a quella definitiva di 4 anni fa, in cui il personaggio principale Toby, è un regista di spot commerciali che si ritrova a fare i conti con un cortometraggio sperimentale su Don Chisciotte da lui realizzato dieci anni prima, quando ancora non aveva svenduto il suo talento. La trama, ha voluto anche far riflettere sull’effetto e quindi le responsabilità che hanno i cineasti, sia sul cast tecnico e artistico, sia sugli spettatori. Il regista si è definito un “mistico”, per cui il film si è quasi costruito da solo con l’ausilio della sua scrittura, purtroppo lenta, ha puntualizzato.
In merito alla possibilità di essere stato influenzato dalla sua recente esperienza di regista operistico per la creazione del Don Chisciotte, Gilliam ha dichiarato che tutte le sue esperienze portano nuove conoscenze, che naturalmente convogliano nella genesi del suo talento. Ma lui ha affrontato questa nuova opportunità come una sfida, anche per mantenere giovane il proprio cervello; per fortuna l’ha vinta e ha avuto ulteriori proposte in quel campo.
Gilliam ha dichiarato che molte persone gli avevano suggerito di abbandonare il progetto del Don Chisciotte, che era irragionevole continuare; ma lui non si è mai sentito ragionevole e proprio il Don Chisciotte una volta letto ti spinge a sviluppare l’irragionevolezza, ti entra nella mente come un tarlo.
Il film, così come è stato realizzato, si poteva concludere soltanto negli ultimi anni, in cui una serie di accadimenti hanno coagulato intorno al progetto, che ha previsto un budget fortemente ridimensionato rispetto alla produzione originaria.
L’Uomo che Uccise Don Chisciotte: la visione scenica del regista e del direttore della fotografia
Interrogato sull’eredità dei Monty Pithon, e sulla possibilità di intravedere qualcuno alla loro altezza, Gilliam ha risposto che esistono numerosi bravi comici attualmente, ma molto più timidi, schiavi del politically correct. Inoltre allora c’erano poche reti televisive e poca offerta. Lo show andava in onda il sabato e nessuno parlava d’altro il lunedì mattina.
Un’altra domanda ha spostato l’attenzione sulla questione della vecchiaia: se sia preferibilmente la terza età che, come in Don Chisciotte, porta a quelle derive fanciullesche, fantasiose ed immaginifiche. Il regista ha affermato che non è una regola certa, dipende un po’ dallo stile di vita di ognuno, alcuni hanno delle vite folli e virano verso la stravaganza, altre più noiose finiscono per farci diventare ancora più vecchi. Lui personalmente ama talmente il gioco e la fantasia, che quando sul set gli capitava di giocare con i nipotini o i figli di qualcuno del cast, si rendeva conto che lui era il bambino e loro quasi più vecchi.
Ha dichiarato che si sente aggrappato a tutti i suoi sogni e che non rinuncerebbe a nessuno di essi. La vita è ripetitiva, mentre i sogni mutano costantemente.
Ha risposto poi su l’ingaggio di Jonathan Price come di una scelta molto vincente. L’attore lo aveva corteggiato per anni e solo nell’ultima stesura il regista si convinse a scritturarlo. Chiunque vedrà il film non potrà che convenire che nessuno sarebbe stato capace di incarnare quel personaggio con altrettanta maestria, quasi come se avesse inglobato tutti i personaggi scespiriani interpretati nel corso della sua vita in Don Chisciotte.
Ancora una domanda è stata posta sull’immortalità, forse da ricercarsi nell’irrazionalità del protagonista dell’opera. Terry ha evidenziato come proprio il Don Chisciotte sia paradigmatico dell’immortalità dell’arte. Si ricicla, assume nuove forme, ma la vita i moti dell’animo sono sempre quelli, ci possono essere buone o cattive modalità per raccontarle.
Il Direttore della fotografia Nicola Pecorini ha dichiarato, celiando, che la moglie di Gilliam, gli ha più volte confessato che ritiene che il marito racconti sempre le stesse storie.
Pecorini si è dichiarato affezionato al regista a tal punto da rifiutare altre scritture per poter essere disponibile a lavorare con lui, anche quando intoppi produttivi hanno significato periodi senza guadagno.
Il Maestro ha laconicamente commentato: “Bisogna soffrire per l’arte!”.
Marco Marchetti
21/09/2018