Rupert Everett ha incontrato la stampa alla conferenza sulla sua prima opera cinematografica da regista: “The Happy Prince. L’Ultimo Ritratto di Oscar Wilde”. Con lui la rappresentanza della produzione Italiana Palomar.
The Happy Prince: Rubert everett in conferenza stampa
La relatrice ha esordito ricordando che il film, di cui Rupert Everett è regista oltre che sceneggiatore ed interprete principale è stato prodotto da molteplici case tra cui la italiana Palomar. Gli italiani Maurizio Millenotti e Gianni Casalnuovo hanno egregiamente curato i costumi.
E’ la relatrice stessa che ha posto la prima domanda all’artista, chiedendogli come riesce a passare da ruoli così diversi come l’inquisitore nella serie TV “In nome della rosa” e il ruolo di Wilde nel film attuale. Everett ha risposto che sono tutti ruoli che ruotano intorno alla religiosità, Oscar Wilde ha scritto molto su Cristo ed aveva una sua religiosità nonostante la vita trasgressiva, il ruolo dell’inquisitore è decisamente meno complesso ma molto più cattivo.
Ad un’altra domanda sulla genesi di questa pellicola ha risposto dicendo che erano più di dieci anni che aveva scritto la sceneggiatura, la realizzazione è giunta solo ora perché è stato difficile reperire i fondi, soprattutto in una fase della sua vita in cui non gode più di grande popolarità. Ha affermato di aver messo tutto se stesso nella sua realizzazione, che veramente non poteva fare di più e che non ama molto le critiche negative, creano dolore agli autori, ognuno è libero di apprezzare o non apprezzare.
The Happy Prince: il passato di Oscar Wilde
Un’altra domanda ha puntato il dito sulla parabola discendente nella vita di Wilde e se il regista si sia identificato nel suo vissuto. L’attore ha risposto che nei decenni passati il mondo del cinema era aggressivamente eterosessuale, lui è cresciuto a ridosso di quella legge del 1968 che rese legale essere omosessuale in Inghilterra. Negli anni ‘80 e ‘90 ancora si viveva con molti tabù, oggi forse la situazione è migliorata, ma in quel periodo vivere con discriminazione, nella vita reale come in quella professionale spingeva a vivere un personaggio come Oscar Wilde come una grande fonte di inspirazione.
Ad una curiosità ha risposto confermando che si è avvalso di vari riferimenti pittorici e grafici per le ambientazioni del film. I quadri di Jean-Claude Brassett e di Toulouse Lautrec lo hanno inspirato per le ricostruzione delle scene di quel periodo, degli esterni ma anche degli interni delle case, dei locali e dei teatri, questi ultimi doverosamente onnipresenti per un film su un personaggio teatrale come Wilde.
Gli è anche stato chiesto di più sulla sentenza in tribunale contro Oscar Wilde e se la puritana Inghilterra volesse punirlo per le sue origini irlandesi più che per la sua trasgressione. Secondo Everett Wilde provava una certa soddisfazione, essendo irlandese, a vivere una storia d’amore con Alfred Douglas, o Bosie, come lui amava chiamarlo. Questi apparteneva ad una nobile famiglia inglese, vedeva nella relazione quasi una sua rivalsa su quella grandeur anglosassone che l’aristocrazia britannica si attribuiva.
Comunque il processo originò da un’accusa di calunnia di Wilde al padre di Bosie, altrimenti l’establishment britannico avrebbe più che accettato la loro condotta di vita. Wilde aveva erroneamente pensato che il suo successo di pubblico lo conducesse ad altrettanti successi giudiziari, ma il successivo procedimento giudiziario, che lo accusava di sodomia terminò infaustamente con la condanna a due anni di reclusione che segnarono definitivamente le sue sorti personali e artistiche.
The Happy Prince: interrogato Everett sullo stile del film
Altre domande hanno riguardato la raffinatezza estetica del film e le tecniche registiche. Everett ha dichiarato di aver subito molteplici inspirazioni sulle tecniche cinematografiche, Visconti in principio, ma anche i fratelli Dardenne, riprese lente e studiate in alcune scene carrellate e poi veloci e più spontanee in altre con camera a spalla. La scelta di trattare solo l’ultimo periodo della vita di Oscar Wilde è stato influenzato dall’amore di Everett per la Belle Epoque e le ambientazioni fin de siècle, soprattutto parigine, da autori come Paul Verlaine e da quel folle clima di trasgressione ed emancipazione. Everett ha affermato di aver letto non solo tutti i libri di Oscar Wilde, ma anche tutti i libri scritti su di lui e i suoi epistolari, che gli hanno fornito dei dettagli quasi quotidiani della vita dell’epoca.
Rupert Everett è ritornato poi a parlare delle sue fonti di inspirazione e tra queste il cinema italiano occupa un ruolo preponderante, ricorda ancora Luchino Visconti e il suo “ Morte a Venezia” come uno dei suoi film preferiti. Non nasconde che la figura di Tazio lo ha inspirato per delineare quella di Bosie. I film italiani, ha affermato si caratterizzano per una cura dei dettagli estetici, del design, dei costumi, non a caso ha scelto due costumisti italiani per la sua pellicola.
The Happy Prince: Oscar Wilde grande fonte di ispirazione
Gli hanno poi chiesto se avesse pensato a scritturare un altro attore per il ruolo di Wilde ed ha seccamente risposto di no. Ha confessato di aver voluto ritagliare un ruolo per se stesso, fortemente e da subito. Interrogato su come Oscar Wilde possa essere oggi fonte di inspirazione alla comunità LGBT. L’artista non ha avuto dubbi e ha affermato che è quanto mai necessario approfondire i temi dell’integrazione sessuale. Ancora oggi paesi come la Russia, la Giamaica, l’India e la Cina condannano apertamente le diversità sessuali, altri lo fanno in maniera meno evidente ma ancora assistiamo a città come Genova che non danno sostegno al Gay Pride, a giovani adolescenti che si suicidano perché il gruppo sociale e familiare rende loro impossibile accettare una diversità sessuale, a partiti politici come La Lega in Italia che esplicitano concetti omofobici.
Successivamente è stata chiesta qualche delucidazione sulla figura di Robert Ross, uno degli amori di Wilde, che lo segui tutta la vita fino agli ultimi giorni. Everett ha affermato che in effetti è il personaggio più importante del film. Ross amava Wilde e Wilde amava Ross, ma era troppo preso da se stesso per potersene accorgere, la loro comunque è la vera relazione della storia e sarà lui ad essere seppellito insieme al poeta dopo la sua morte. A Ross e a Bosie, Wilde diceva una stessa frase: “lui mi ama in un modo che tu non puoi capire”, facendoli soffrire entrambi.
Come una vera star fagocitava tutti quelli che gli ruotavano intorno, narcisista, pericoloso, geniale e divertente emerge in questa rappresentazione, per intenzione del regista, non come un icona letteraria, ma come l’uomo che era, coi suoi difetti e con le sue contraddizioni.
Marco Marchetti