Recensione
L’uomo che vendette la sua pelle: piccolo capolavoro ricco di molteplici idee e suggestioni
In ” L’uomo che vendette la sua pelle” la regista tunisina Kaouther Ben Hania segue le vicende di un giovane siriano di nome Sam Ali (Yahya Mahayni) che rischia il carcere per avere manifestato pubblicamente le sue idee favorevoli alla rivoluzione su un autobus di Raqqa. Il ragazzo decide di fuggire in Libano ma lascia nel suo paese natale la sua amata (Dea Liane), alla quale viene combinato un matrimonio con un ricco impiegato consolare con il quale andrà a vivere a Bruxelles.
Ali vive in povertà e senza la possibilità di espatriare in Europa, fino al momento in cui un noto artista lo assolda per un progetto artistico eterodosso. Dovrà farsi tatuare su tutta la schiena un visto Schengen e diventare lui stesso un’opera d’arte vivente. Da questo momento in poi si snodano tutta una serie di questioni e riflessioni legate al fatto che l’opera d’arte è incisa su un essere umano ma anche che su un essere umano è impressa un’opera d’arte.
Le assurde regole umane
Non più scollegabili persona e oggetto tatuato finiscono per assumere irrimediabilmente l’una gli onori e gli oneri dell’altro. Se per esempio un essere umano non può emigrare liberamente in Europa, un’opera d’arte può. É così che Ali viene trapiantato a Bruxelles per essere esposto per la prima volta in un museo di Arte Contemporanea, seduto su uno scranno con il dorso esposto agli astanti.
L’idea del plot è sicuramente venuta alla regista dal lavoro dell’artista belga Wim Delvoye, che realmente fece imprimere una sua opera dal tatuatore Matt Power sulla schiena di Tim Steiner, che venne esposto in gallerie d’arte. Ma nella vicenda del film si deborda genialmente nel surreale, per cui il ragazzo siriano, continua la sua vita come opera d’arte dopo la mostra, viene comprato da un ricco collezionista americano, successivamente battuto a un asta con scene degne di un cinema visionario che denuncia meglio del realismo gli orrori della nostra epoca.
La legge del profitto al di sopra dell’individuo
A queste vicende scorre parallelamente la storia d’amore tra Ali e la sua ragazza, rincontrata a Bruxelles insieme al marito, e anche una sua interazione significativa con l’artista/Pigmalione, interpretato da un affascinante Koen de Bousios e la sua ambigua PR, interpretata da una Monica Bellucci con parrucca bionda.
Ognuno ha un proprio ruolo ed ognuno punta ad avere il massimo reddito dall’opera d’arte ma fortunatamente ogni tanto ci si ricorda anche dell’individuo ad essa simbiotico e la regista non poteva non escogitare dei colpi di scena in una narrazione che è comunque tutta indirizzata a veicolare una denuncia sulla società contemporanea in cui merci e ricchezza sono messe in posizione preponderante rispetto alla singola vita di un singolo individuo.
” L’uomo che vendette la sua pelle” è un film che possiede una forza estetica notevole, dai semplici contesti siriani alle atmosfere patinate delle gallerie d’arte occidentali e delle ricche dimore dei collezionisti. Scene significative commentate ad alto volume in sala da arie classiche, sapientemente dosate da Amine Bouhafa che cura la colonna sonora, arricchiscono la narrazione facendoci perdonare qualche piccolo errore nel montaggio.
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: The Man Who Sold His Skin
- Regia: Kaouther Ben Hania
- Cast: Monica Bellucci, Koen De Bouw, Husam Chadat, Rupert Wynne-James, Adrienne Mei Irving, Najoua Zouhair, Yahya Mahayni, Saad Lostan, Nadim Cheikhrouha, Dea Liane
- Genere: Drammatico, colore
- Durata: 90 minuti
- Produzione: Tunisia, Francia, Belgio, Germania, Svezia, 2020
- Distribuzione: Wanted Cinema
- Data di uscita: settembre 2021
” L’uomo che vendette la sua pelle” è un film diretto da Kaouther Ben Hania, presentato al Festival di Venezia 2020 nella sezione Orizzonti. La pellicola ha vinto il premio per l’inclusione Epido Re, istituito nel 2017, in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, sulla base del “Manifesto per l’Inclusione”, redatto da una rete di ricercatori di respiro internazionale. É stato il primo film tunisino candidato agli Oscar come Miglior Film Straniero.
L’uomo che vendette la sua pelle: la trama
Un giovane siriano di nome Sam Ali scappa dalla guerra del suo paese per andare in Libano.
Deciso a tutto pur di riunirsi alla ragazza che ama e arrivare in Europa accetta la proposta di farsi tatuare la schiena da un importante artista, rendendolo così un’opera d’arte vivente.
Fuggito da una situazione di sofferenza, Sam si rende ben presto conto che la sua decisione potrebbe ancora una volta togliergli quella libertà tanto cercata.
Le parole della regista Kaouther Ben Hania
Il progetto è nato dall’incontro di due mondi. Il mondo dell’arte contemporanea, e in particolare l’opera dell’artista belga Wim Delvoye (Tim, 2006), e il mondo dei rifugiati politici, in particolare i rifugiati siriani che devono combattere con documenti e permessi di soggiorno… Mi sono chiesta: “Cosa accadrebbe se… un artista famoso offrisse a un rifugiato di diventare una sua opera per ottenere la libertà di movimento?” Così è nato il viaggio di Sam Ali: un giovane rifugiato pieno di passione gettato in un mondo cinico. Un uomo normale costretto a un’avventura straordinaria. Il film è anche una storia d’amore in cui il protagonista, separato dalla donna che ama, perde la dignità – e la pelle – per cercare di raggiungerla. E ancora, cosa significa essere liberi quando il gioco è truccato, quando non si ha la possibilità di scegliere? “The Man Who Sold His Skin” è un’allegoria sulla libertà personale in un sistema iniquo e tratta l’ampio spettro di significati legati ai problemi del nostro mondo reale.