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Tigers (2020)

Recensione

Tigers: un affresco spietato sui mali del calcio

Tigers

“Tigers” è un film intenso e doloroso che accende i riflettori sul mondo del calcio, mettendone a nudo alcune peculiarità poco edificanti.

Tigers (2020)

La pellicola racconta l’esperienza, realmente vissuta da Martin Bengtsson, uno dei più promettenti talenti che la Svezia abbia mai avuto, che lascia la madre e la propria casa per militare nell’Inter, dove si prospettava per lui una carriera luminosa. Il ragazzo vedeva realizzarsi il sogno di una vita, quello per cui si era allenato per anni, facendo rinunce che gli altri coetanei non erano disposti a fare. Il talento innato misto alla costanza e alla determinazione con cui si allenava facevano ben sperare, nonostante la sua giovane età, aveva solo sedici anni, ad un veloce inserimento nella squadra maggiore.

Ma l’arrivo a Milano non era proprio come lo aveva immaginato, ed il regista Ronnie Sandahl è bravo a portare sullo schermo le pressioni, le amarezze e le paure di un atleta che inizia a nutrire dubbi su un sistema che sembra fagocitare talenti e speranze in nome della selezione del ‘migliore’.

Ragazzi che lasciano le famiglie nella speranza di un successo che non sempre arriva

Tigers

Non può non lasciare sbigottiti la lotta alla sopravvivenza che questi giovani calciatori sono costretti a subire, vivendo fianco a fianco a colleghi coi quali è difficile stare in armonia, poiché il successo dell’uno può decretare il fallimento dell’altro.

Spesso questi ‘talenti’ lasciano le famiglie giovanissimi, per vivere in una sorta di casa-famiglia calcistica, in questo caso gestita dall’Inter, dopo aver abbandonato studi e affetti, alla ricerca di un successo che per la maggior parte di loro è solo una chimera. In tanti tornano a casa col fardello del fallimento da sostenere, oppure vengono ceduti a squadre di categoria inferiore, che per molti equivale comunque ad una sconfitta.

“Tigers” attraverso l’esperienza ‘simbolo’ di Martin mostra bullismo, rancori e rabbia di uno spogliatoio che rispecchia in vero quello che la nostra società è diventata in ogni settore, un’arena in cui quasi sempre a vincere non è il migliore ma il più prepotente. Attorno al calcio ruotano interessi economici che hanno superato da tanto il limite della decenza, per questo rattrista ancor di più l’abbandono emotivo di questi ragazzi che, sollecitati da troppe parti, avrebbero bisogno di essere affiancati da guide che non siano in grado solamente di parlare di goal, carriera e ritirata notturna.

Il coraggio di scegliere

Tigers

Questo film fa parte di una trilogia pensata e scritta da Sandahl sul mondo dello sport, di cui “Tigers” è il secondo capitolo, preceduto da “Borg McEnroe“, del quale ha lasciato la regia a Janus Metz Pedersen, vincitore nel 2017 della Festa del Cinema di Roma, dove anche “Tigers” è stato presentato in Concorso nel 2020 nella sezione autonoma e parallela di Alice nella città. È già in pre-produzione il terzo capitolo conclusivo, “Perfect”, dopo una lotta al miglior offerente tra le case di produzione internazionali per ottenerne i diritti, vinto dalla Searchlight.

Eric Enge regala al pubblico un’interpretazione che buca lo schermo, dai suoi occhi traspaiono tutte le pressioni subite da Martin, le sue perplessità, le delusioni, le paure, le indecisioni. Il ragazzo si ritrova, suo malgrado, all’interno di una macchina tritatutto dalla quale non riesce a sfuggire. Si sente spesso dire che ‘quando la lotta si fa dura i duri iniziano a lottare’, ma questo onestamente ha un senso se ci si ritrova a lottare contro una malattia, un dolore emotivo, un problema contingente, ma appare davvero privo di senso applicarlo a uno spogliatoio calcistico dove, anziché coesione contro l’avversario sul campo, ci si ritrova contro i propri compagni di squadra.

Il film attinge a piene mani dal libro autobiografico dello stesso Bengtsson, ‘All’ombra di san Siro’, ed ha la sua chiave di volta nelle parole della mamma del giovane talento, che ripete che l’aver raggiunto il proprio sogno non significa doverlo vivere per forza. “Tigers” è un film spiazzante, ben girato e ben recitato, in cui fotografia e colonna sonora contribuiscono a pieno titolo alla buona riuscita del prodotto.

Maria Grazia Bosu

Trama

  • Regia: Ronnie Sandahl
  • Cast: Erik Enge, Frida Gustavsson, Johannes Kuhnke, Maurizio Lombardi, Alfred Enoch, Liv Mjönes
  • Genere: teen drama
  • Durata: 115 minuti
  • Produzione: Svezia, Italia, Danimarca, 2020

TigersRonnie Sandahl con “Tigers” porta sullo schermo il secondo capitolo di una trilogia sullo sport che ha avuto in “Borg McEnroe” un’esordio di successo.

Tigers: la trama

Martin ha solamente sedici anni ed è il più promettente talento del calcio che la Svezia abbia mai visto. Sogna fin da bambino di diventare un professionista a grandi livelli e di militare nel calcio italiano, che seguiva alla tv assieme al padre. Il sogno si realizza quando viene acquistato dall’Inter, per Martin si aprono le porte di una nuova vita, è la chance che aspettava. La vita a Milano gli fa prendere coscienza del fatto che il mondo del calcio non è proprio come se l’aspettava, tutto e tutti possono essere comprati e venduti, e per il ragazzo è difficile sopravvivere in un ambiente così spietato, dove non c’è spazio per gli affetti e per l’onestà. Martin troverà sempre più difficile distinguere il sacrificio dalla sottomissione, il piacere dal dolore e l’amico dal nemico.

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