Il 5 marzo è andata in onda la prima puntata della nuova serie fantascientifico-poliziesca “Time After Time” di Kevin Williamson, trasmessa dall’emittente televisivo statunitense ABC.
Time After Time 01×01 – 01×02 – Recensione: l’adattamento degli adattamenti
Questo nuovo show televisivo si presenta come una sorta di ‘matrioska’ referenziale: un adattamento su piccolo schermo di “L’uomo venuto dall’impossibile”, pellicola fantascientifica anno 1979 diretta da Nicholas Mayer, a sua volta basata sul romanzo (traslato in sceneggiatura) “Time After Time” di Karl Alexander, sullo spunto di fondo di “La macchina del tempo” (1895), opera romanzesca di H. G. Wells, ‘padre fondatore’, insieme a Jules Verne, della letteratura fantascientifica.
Le opere del geniale scrittore britannico hanno già subito varie rivisitazioni cinematografiche. Basti ricordare “L’uomo che visse nel futuro” di George Pal (1960) o “The Time Machine” di Simon Wells (2002), con protagonista Guy Pearce; oppure “L’isola perduta” di John Frankenheimer (1996) con Marlon Brando, Val Kilmer, David Thewlis, Fairuza Balk e Ron Perlman, basato su un altro romanzo di Wells, “L’isola del dottor Moreau” (1895).
Infine resta da menzionare l’opera letteraria “La guerra dei mondi” (1897), che ha ispirato la pellicola omonima di Spielberg con Tom Cruise nel 2005, ed ha subito negli anni ’40 un adattamento radiofonico da parte di Orson Wells, il cui racconto così realistico di un’invasione aliena ha scatenato il panico in una bella porzione della popolazione americana di allora.
Questa volta sarà lo stesso H. G. Wells il protagonista delle sue fantascientifiche avventure spazio-temporali, in uno scontro epico, una caccia all’uomo, contro il suo amico John Stevenson, il volto del terribile assassino Jack lo Squartatore.
Fine Ottocento, Londra. Sono anni di fermento per l’arrivo imminente del nuovo secolo, del consolidamento della seconda rivoluzione industriale; gli anni dell’età vittoriana e di Jack lo Squartatore, alias John Stevenson, riconosciuto e cinico chirurgo, il noto celebre assassino di donne mai assicurato alla giustizia; sono anche gli anni in cui il suo amico, lo scrittore e scienziato H. G. Wells, idealista convinto e fautore del progresso scientifico come avvicinamento all’utopia sociale, sviluppa una strana macchina in grado di viaggiare nel tessuto spazio-temporale.
Time After Time: progetto interessante che si assesta perfettamente nel canone che vuole seguire, senza sorprendere
Al di là della sua genesi romanzesca, l’idea che sta dietro “Time After Time” è abbastanza originale, ma non altrettanto lo è la sua concretizzazione cinematografica: azione, leggerezza, suspence ‘prevedibile’, potenzialità di violenza e realismo che resta tale, tanta fantascienza, thriller per piccoli. In effetti la serie della ABC si allinea perfettamente al canone fantascientifico (in particolare quello sui paradossi spazio-temporali), senza comunque proporre nulla di nuovo. Insomma sembra una sorta di “Fringe” 2.0 misto a “Chicago Justice”, per utilizzare termini noti di paragone. Sebbene non raggiunga, al momento, la caratura dell’acclamata serie fantascientifica.
Molto spazio è occupato dall’azione e dal movimento: in un’ora e mezza uno scrittore si ritrova ad essere sballottato a destra e manca, avanti e indietro nel tempo, in altri luoghi lontano da casa, alla ‘caccia’ (troppo ingenua e motivata solo dai propri ideali) all’amico assassino, l’unico con un certo spessore caratteriale.
La contrapposizione tra i due, incarnazioni del ‘bene’ e del ‘male’, risulta assai banale e poco psicologicamente (almeno in queste prime battute) approfondita.
Le prove attoriali di Freddie Stroma (il Cormac McLaggen di Harry Potter) e Josh Bowman (Daniel Grayson nel telefilm “Revenge”) non sono convincenti: non c’è spessore, non generano empatia, vengono completamente assorbiti dall’archetipo del buono e del cattivo senza caratterizzarli. Lo stesso vale per la sempre sorridente ‘donzella in difficoltà’ Génesis Rodríguez Pérez e per la più nota Nicole Ari Parker, l’unica ad aver avuto più presenza televisiva (per esempio in “Revolution” e l’apprezzata “Murder in the First”).
In questi due primi episodi, dunque, la serie non decolla, non superando la prova delle aspettative, restando ancorata, ‘tradizionalista’, su di un determinato filone, senza proporre niente di interessante. Leggera, poco impegnativa, sembra che possa poggiarsi solamente sul progressivo gioco di intersezione e dissolvenza della trama. Magari sarebbe da attendere l’evolversi degli eventi, ma questo potrebbe farlo il pubblico giovanile e spensierato scelto molto probabilmente come target.
Marco Marchetti
08/03/2017