Atmosfere natalizie e protagonisti solitari in cerca dell’anima gemella con cui metter su famiglia
(Hjem til Jul) Regia: Bent Hamer – Cast: Arianit Berisha, Sany Lesmeister, Nadja Soukup, Nina Zanjani, Igor Necemer, Trond Fausa Aurvaag – Genere: Commedia, colore, 90 minuti – Produzione: Norvegia, Svezia, Germania, 2010 – Distribuzione: Bolero Film – Data di uscita: 3 dicembre 2010.
Con “Tornando a casa per Natale” di Bent Hamer, Bolero Film propone sul grande schermo una pellicola molto lontana dai cinepanettoni nostrani o dai blockbuster hollywoodiani, che sono soliti brulicare nelle sale durante le festività natalizie.
Il regista, che ha anche prodotto e scritto il film, presentato al Festival Internazionale del Film di Toronto 2010 e vincitore a quello di San Sebastian per la Migliore Sceneggiatura, parte, per lo script, da una raccolta di dodici racconti di Levi Henriksen, “Only Soft Present Under the Tree”, da cui ne estrapola sei, fondendoli e creando un prologo e un epilogo del tutto nuovi.
Così, in un paese immaginario della Norvegia, va in scena la solitudine, vera essenza della pellicola, mostrata in un perfetto equilibrio tra il tragico e il comico, come pochi autori sanno fare. In un lasso temporale ristretto alle poche ore della notte che precedono il Natale, Hamer apre una finestra sulla vita di alcune persone, che hanno in comune una sola cosa: la ‘voglia di famiglia’.
Così, in un lavoro decisamente laico, ma non per questo non spirituale, il desiderio tutto natalizio dello stare insieme travalica la religione, permettendo a chiunque di ritrovarsi, tra lacrime e speranze, tra luci e balocchi. E non manca neppure la ‘nascita’, non del Cristo, ma di una nuova vita che si affaccia al mondo, in mezzo a mille difficoltà, perché frutto dell’amore impossibile tra una donna serba e un uomo albanese.
Probabilmente novanta minuti sono pochi per un film corale, il regista cura nel dettaglio i momenti che propone, anteponendoli all’introspezione dei singoli personaggi, ma forse proprio per questo il messaggio buca lo schermo, lasciando allo spettatore, se vuole, il compito di una successiva rielaborazione.
Massimo Racca