Alla Festa del Cinema di Roma 2017 è stato proiettato il film documentario sulla parentesi cristiana della carriera di Bob Dylan “Trouble No More“. A presentare l’opera, in conferenza stampa, la regista Jennifer Lebeau e l’attore Michael Shannon, che nel film, nei panni di un predicatore, recita i sermoni scritti da Luc Sante.
“Trouble No More”: la creazione
Innanzi tutto, alla conferenza stampa, Jennifer Lebeau ha parlato delle fasi creative che hanno portato alla realizzazione di “Trouble No More”: la regista ha raccontato che il ritrovamento del materiale impiegato nel documentario, creduto perso e sconosciuto ai più, aveva fatto si che il film si materializzasse quasi da solo. Le performance girate in modo non pulito li ha aiutati a non dare un aspetto ‘patinato’ all’opera, anche se, ha ammesso, per alcuni aspetti si sono allontanati da esse, decidendo di non includere le parti in cui Dylan parlava col pubblico: lo scopo era far si che tutti potessero innamorarsi della musica, e introdurre i sermoni del musicista avrebbe tolto impeto all’atmosfera generale.
Nel tentativo di creare un contesto classico e universale, Luc Sante ha scritto per loro quei “meravigliosi sermoni”, e per recitarli, ha continuato la regista, serviva un attore che fosse credibile, che stimolasse l’attenzione senza dimenticare di rappresentare anche l’empatia, ed è così che si è pensato a Michael Shannon; l’attore ha preso poi la parola, ricordando che il suo primo concerto era stato proprio di Bob Dylan, in Kentucky, dove lo aveva accompagnato la madre: da quel momento, ha aggiunto, ha capito che Dylan era un uomo speciale. La sua ammirazione nei confronti del musicista è cresciuta con gli anni e, alla fine, è diventato una fonte d’ispirazione, specie quando si tratta del suo lavoro a teatro: ha infatti raccontato che gli piace sentire Bob Dylan prima di salire sul palco.
I sermoni in “Trouble No More”
Nel film Michael Shannon recita sermoni infarciti di dottrina religiosa, scritti appositamente da Luc Sante: sono prediche al mondo viziato dal peccato (come quando parla dei ricchi che accrescono la loro fortuna ingannando e trattando le persone in modo ingiusto), che, secondo lo stesso Shannon, si inseriscono in “Trouble No More”, alternandosi alle immagini del concerto di Dylan, come accade in Chiesa, quando alla celebrazione di Dio il predicatore intreccia discorsi sul guardare alle cose importanti e al pensare a ciò che bisogna fare.
In un periodo come quello che sta attraversando ora Hollywood, con molte maschere che iniziano a cadere, l’attore ha confessato di pensare, di tanto in tanto, che il lavoro che fa sia sciocco, e di non essere sicuro, certe volte, di come i suoi film possano aiutare i suoi figli; ma, aggiunge, ha lavorato in opere con forti messaggi, che possono ispirare le persone, e nel suo lavoro, Shannon ha sottolineato la sua ricerca di ruoli che possano “impiantare un semino nella coscienza delle persone”. Questi film, per lui, possono offrire pace e conforto alla gente, ed è una cosa di cui il mondo ha molto bisogno.
La regista, riguardo ai sermoni, ha detto che Luc Sante sapeva di che periodo “Trouble No More” avrebbe trattato, e che c’erano argomenti specifici che dovevano essere inseriti: ha quindi svolto un’attenta ricerca per assicurarsi che le parole risultassero vere e non una versione alla Hollywood di una predica cristiana. Si rende conto, ha poi aggiunto, che la mancanza dei sottotitoli alle canzoni di Bob Dylan possa risultare frustrante, ma ha spiegato che è stata una scelta frutto di qualcosa di più grande di loro, e che rispetto alle tante lingue che volevano riuscire ad includere, sarebbe stata un’operazione davvero difficile aggiungere quei testi. Nei tre album da cui sono prese le canzoni di “Trouble No More”, Dylan era animato da un profondo fervore religioso, e lo spettatore deve riuscire a credere a questo, alla sua profonda spiritualità, o rischia di perdersi.
Trouble No More: l’autenticità di Bob Dylan
Lo scopo di “Trouble No More”,dunque, era far emergere un’importante sfaccettatura della carriera di Bob Dylan, legata indissolubilmente alla religione: Jennifer Lebeau ha spiegato che in quel periodo era come se il musicista avesse più energia, e trasmettesse gioia e movimento nelle sue performance. Nel materiale utilizzato nel documentario lo si vede muoversi sul palco come non succede, invece, in altri concerti: anche il suo volto sembra più aperto, più presente. Michael Shannon, in proposito, ha aggiunto che quel che fa Bob Dylan è autentico, e si nota, grazie alle immagini, che stava sperimentando qualcosa di molto profondo: sembra trovare la pace quando altri artisti avrebbero avuto paura, con i fan che quasi si allontanano da lui; eppure il cantante ha continuato sulla sua strada ed è rimasto convinto del messaggio che voleva trasmettere, nonostante tutto e tutti, e questo, ha spiegato l’attore, è davvero ammirevole. La musica è quella cosa in cui Bob Dylan ha trovato il suo posto, e la costante e ininterrotta ricerca di un significato più profondo nel mondo e nel suo lavoro è una cosa che lo colpisce molto in lui.
02/11/2017
Giada Aversa