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Tutta le luce che non vediamo: la recensione della serie Netflix

Tratta dall’omonimo romanzo di Anthony Doerr, Tutta la luce che non vediamo è una nuova serie targata Netflix che racconta, con il volto e la voce di una ragazza cieca, la seconda guerra mondiale. Si tratta di una miniserie suddivisa in 4 episodi che sembra, dalla reazione della critica, aver raggiunto già degli ottimi risultati. Se, infatti, il libro da cui proviene è riuscito a vincere già dei premi, come il Premio Pulitzer per la narrativa, questo adattamento sembra essere destinato ad avanzare ancora di più.

Indice

Tutta le luce che non vediamo: la trama

Tutta le luce che non vediamo

La trama di Tutta la luce che non vediamo parte da un centro narrativo piuttosto semplice: la Seconda Guerra Mondiale, in Francia. Ma questo conflitto non viene raccontato attraverso gli eventi della storia, piuttosto attraverso le vicende umane, partendo da un rapporto padre e figlia. Tutto ha inizio con il rapporto centrale tra il curatore del Museo di Parigi, Daniel LeBlanc, e la sua unica figlia Marie-Laure, una ragazza cieca che, però, non ha paura di rischiare tutto pur di trovare suo padre. I due, infatti, si sono trasferiti da Parigi, occupata ormai dai nazisti, dallo Zio Etienne.

Tutta le luce che non vediamo: la recensione della serie Netflix

Quando suo padre e lo zio se ne vanno di casa, con la promessa di tornare ma senza fare ritorno per qualche giorno, Marie inizierà a cercarli senza sosta attraverso la radio. Ma Marie non sa che proprio quel canale attraverso il quale comunica è, in realtà, lo stesso che da piccolo ascoltava il giovane orfano Werner. Lei in Francia, lui in Germania nel suo orfanatrofio, ma entrambi legati dalla figura del Professore: un divulgatore scientifico che trasmetteva abitualmente alla radio. Sarà proprio questo nodo centrale a far convergere queste due storie, andando a far incontrare due mondi completamente differenti: quello di Warner, assoldato nell’esercito tedesco, e quello di Marie, una ragazza cieca e coraggiosa in cerca di suo padre.

Tutta le luce che non vediamo: la recensione

Tutta le luce che non vediamo è una miniserie dal cuore pulsante e travolgente, che riesce ad accogliere gli spettatori e rapirli in un’epoca completamente differente. Tra continui salti temporali tra il tempo passato, anni prima dell’arrivo dei Nazisti a Parigi, fino al momento in cui Marie si trova da sola nella casa a Saint Malo, lo spettatore viene immerso completamente in una storia toccante, profonda ed umana. Ciò che il regista Shawn Levy fa è farci vivere la seconda guerra mondiale non attraverso gli eventi storici, quanto piuttosto attraverso gli occhi di due ragazzi, Marie e Warner, entrambi incastrati in una trama più grande di loro.

Tutta le luce che non vediamo

Da un lato un legame forte e potente come quello di Marie e suo padre, direttore del Museo di Parigi, dall’altro un ragazzo Orfano, vissuto in Germania, che ha solo sua sorella. Nonostante i due vivano in due parti del mondo differenti, a legarli è la figura del professore: un uomo che, in un’epoca in cui l’informazione e la cultura sono controllate e limitate, ha cercato di comunicare ai bambini ed educarli.

La conoscenza e l’informazione sono una luce nel mezzo della tempesta

Quella del Professore è una figura centrale in tutta la serie, nonostante non ne conosciamo il volto. La verità e il sapere sono le armi universali – le uniche – con cui sconfiggere qualsiasi tipo di discriminazione, differenziazione e crudeltà. Un elemento, quello del sapere, che si contrappone alla propaganda nazista, volta piuttosto a rendere i cittadini sottomessi ed ignoranti.

Tutta le luce che non vediamo

Il senso e la trama della serie è veicolato perfettamente già dal titolo: Tutta la luce che non vediamo manda un messaggio ricco di pathos, enfasi e profondità, andando dritto al centro. Una trama forte, diretta e solida che riesce ad intrecciare le varie storie umane che ruotano intorno al nucleo centrale della storia. La costruzione della scenografia, i costumi e le musiche sono curate minuziosamente e collaborano ad accogliere lo spettatore in una storia dalla carica potente, decisa nel comunicare tutta l’angoscia del periodo storico in cui è ambientata.

Giudizio e Conclusioni

Tutta la luce che non vediamo è una miniserie profonda e che va dritta al cuore dello spettatore, senza però eccedere nel pathos o nell’enfasi al dolore dei personaggi. La sceneggiatura e la regia collaborano insieme per creare una narrazione solida, chiara e diretta che utilizza uno sguardo nuovo e differente dalle solite narrazioni del conflitto. Quella di Marie, Warner e Daniel è una storia che vi farà commuovere e vi catturerà sin dal primo episodio.

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