Recensione
Una giusta causa – Recensione: le grosse battaglie per una società più equa
Il titolo originale del film “On the Basis of Sex” ci avrebbe fatto capire subito di quale causa si vuole parlare, ossia della parità dei diritti tra i due generi. Quest’ultima locuzione viene sostituita a “parità dei diritti tra i due sessi”, proprio nel contesto di cui parla il film.
Nel 1956 nove donne vennero accettate per studiare legge all’Università di Harvard, tra di loro la brillante Ruth Bader Ginsburg, già sposata con Martin, studente della medesima facoltà ma un anno avanti a lei. I due hanno una piccola figlia, e come una famiglia incredibilmente moderna per quell’epoca, si dividono i compiti familiari. Nonostante questo Ruth è costretta a vivere una serie di discriminazioni di genere, proprio sulla sua pelle, ad Harvard non ci sono gabinetti per le donne. Professori e presidi, nonostante tentino di mostrare delle aperture, in realtà hanno atteggiamenti maschilisti. Ruth terminerà il corso di studi alla Columbia, come la migliore del corso e, nonostante questo, nessun studio legale la assumerà. Ripiega sull’insegnamento presso la Rutger Law School, ma undici anni dopo il marito le propone di rappresentare un cliente accusato di una piccola evasione fiscale; sembra poca cosa, ma il caso prevede una discriminazione di genere, anche se contro un rappresentante di sesso maschile. In quegli anni la costituzione americana, ancora possedeva decine di leggi che intrinsecamente riportavano elementi di diseguaglianza per i due sessi, quasi tutte a sfavore delle donne. Bastava vincere una prima piccola battaglia legale che ne denunciasse l’assurdità, e di lì a seguire tutte le altre.
“Una giusta causa” propone un gran numero di discussioni legali, tra professori, studenti, avvocati, e questo è l’aspetto più noioso del film e, nonostante ci si sia sforzati di ricostruire delle ambientazioni pertinenti agli anni Sessanta e Settanta, lo spirito dell’epoca è riproposto con cliché un po’ banali. Disorientanti anche gli atteggiamenti dei giudici nella causa intentata da Ruth, misogini all’inizio, pronti a sparare battute sessiste, con sguardo truce contro questa piccola povera passionaria, ma che già nella scena successiva adottano occhi indulgenti e comprensivi, che anticipano come andrà a finire la vicenda.
Una giusta causa: quando una storia non basta
Si sarebbe potuta trattare di una storia pregna di significati e di messaggi strategici per il conseguimento dei diritti, che avrebbero potuto rappresentare oltretutto anche delle strategie attualizzabili, visto che varie forme di discriminazione sembrano pervadere ancora le nostre società, nel presente. Ma tutto è stato trattato in maniera troppo lieve. Nessun guizzo registico, da parte di Mimi Leder, nessun colpo di scena. Poco valorizzati i personaggi primari, ossia Ruth interpretata da una debole Felicity Jones, e il marito Martin, interpretato dal forse troppo bello per la parte, Armie Hammer. Ma anche i secondari, come l’avvocatessa progressista Dorothy Canyon, interpretata dalla comunque talentuosa Kathy Bates. Si è pensato che la semplice storia avesse una verve tutta sua sufficiente alla riuscita del film. La sceneggiatura, curata da Daniel Stiepleman, scorre piatta come l’olio, ci si deve accontentare di deboli battute, come quando nello scegliere cosa indossare per l’Università, Ruth chiede al marito mostrando due leggiadri abitini: “quali di questi due mi fa sembrare di più un uomo di Harvard?”.
Ruth, dopo una ricca carriera di avvocato, sempre difendendo la parità di genere, diventerà la seconda donna al mondo nominata Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. E non possiamo ignorare il fatto che negli anni Cinquanta la parola”donna” non compariva neanche una volta nella Costituzione Americana.
In una scena significativa, la protagonista controbatte a uno dei giudici che neanche la parola “libertà” ne fa parte.
Ci chiediamo se fosse vero, e in questo caso perché.
Marco Marchetti
Trama
- Titolo originale: On the Basis of Sex
- Regia: Mimi Leder
- Cast: Felicity Jones, Gita Miller, Armie Hammer, Kathy Bates, Justin Theroux, Sam Waterston, Cailee Spaeny, Amanda MacDonald, Francis X. McCarthy
- Genere: Drammatico
- Durata: 120 minuti
- Produzione: USA, 2018
- Distribuzione: Videa
- Data di uscita: 28 marzo 2019
“Una giusta causa” diretto da Mimi Leder racconta la vera storia di Ruth Bader Ginsburg, una giovane avvocatessa di talento che diventerà poi la seconda donna al mondo ad essere nominata giudice della Corte suprema degli Stati Uniti d’America, il più importante organo giudiziario degli USA.
Una giusta causa: un’icona femminile degli anni 60′
In un periodo governato dal maschilismo bianco nudo e crudo, una giovane studentessa viene ammessa (insieme ad altre otto giovani) alla facoltà di legge dell’Università di Harvard. Facendosi strada con le unghie e con i denti in un mondo in cui l’essere donna è visto come debolezza e motivo di esclusione, Ruth cerca di ottenere lavoro presso gli studi legali. L’aiuto di un’avvocatessa di nome Dorothy Kenyon le darà la giusta causa per mostrare il suo talento a tutti. Ruth vince il caso, che tra l’altro riguardava proprio la discriminazione di genere, e fa si che nasca un precedente nella storia giudiziaria statunitense. Da questo progredirà la sua vita tra altri successi fino alla nomina di Giudice della Corte suprema degli Stati Uniti d’America.
Una giusta causa: il cast
Felicity Jones (“Rogue One: a Star Wars story“, 2016; “La teoria del tutto“, 2014) interpreta la protagonista del film, Ruth Bader Ginsburg, prodigio della magistratura americana che si troverà contro tutti per via del suo sesso. Kathy Bates (“Misery non deve morire”, 1990; “Titanic“, 1997) interpreta l’avvocatessa progressista Dorothy Kenyon, aiuto fondamentale per la giovane Ruth dato che le assegnerà la causa che le darà maggior fama. Tra gli altri membri del cast troviamo Armie Hammer (“Animali Notturni“, 2016, “Hotel Mumbai”, 2018), Justin Theroux (“Mulholland Drive“, 2001, “La ragazza del treno“, 2016) e Cailee Spaeny (“7 sconosciuti a El Royale“, 2018; “Vice – L’umo nell’ombra“, 2018). La sceneggiatura è scritta da Daniel Stiepleman.