Uno dei cicli di romanzi per ragazzi più famosi e radicati nell’immaginario collettivo, “Una serie di sfortunati eventi”, con all’attivo 55 milioni di copie vendute e una pellicola del 2004 interpretata da Jim Carrey, approda sul piccolo schermo grazie a Netflix e Paramount Television. Insieme tentano di donare alla saga letteraria la sua (purtroppo) mancata dimensione di produttivo franchise, dato che il contenuto successo dell’allora film di Brad Silberling non ha giustificato la possibilità di sequel.
Una serie di sfortunati eventi: la serie Netflix sul capolavoro di Lemony Snicket
L’iperattivismo del portale di streaming online numero uno al mondo si è concretizzato nel tentativo di mettere mano su un materiale delicato e ‘critico’ come è l’opera di letteratura per ragazzi di Lemony Snicket, pseudonimo di Daniel Handler, e illustrata da Brett Helquist.
Il progetto di un formato seriale, ritenuto più adatto per la trasposizione della saga di romanzi, è stato annunciato nel 2014 dalla piattaforma streaming di Reed Hastings e Marc Randolph.
Dal 13 gennaio 2017 Netflix ha pubblicato sul proprio portale gli otto episodi della prima stagione di “Una serie di sfortunati eventi”, che ha visto l’iniziale partecipazione di Mark Hudis e la produzione esecutiva di Barry Sonnenfeld e dello stesso Handler.
Ad interpretare l’insopportabile e odioso Conte Olaf è niente poco di meno che Neil Patrick Harris, il volto e la verve del ‘leggen…dario’ Barney Stinson di “How I Met Yout Mother”. Mentre a vestire i panni dei tre orfani Baudelaire, Violet, Klaus e Sunny sono rispettivamente Melina Weissmann, Louis Hynes e Presley Smith. Nel cast figura Patrick Warburton, nei panni dello stesso Lemony Snicket, il quale interviene “metanarrativamente” in qualità di autore/narratore onnisciente, spezzando il ritmo, l’azione e la tensione, a piangere la triste sorte dei protagonisti e a donare informazioni supplementari.
Il primo capitolo della serie coprirà i primi quattro romanzi della saga di Lemony Snicket, ovvero “Un infausto inizio”, “La stanza delle serpi”, “La funesta finestra” e “La sinistra segheria”. La serie è già stata rinnovata per una seconda stagione di 10 episodi che andrà a coprire fino al nono libro della saga.
Una serie di sfortunati eventi: quando uno scrittore ha a che fare con la cinepresa
Nel groviglio d’indizi, enigmi da risolvere e verità da svelare, la trama si poggia sul mistero dei genitori, che linearmente ne costituisce il leitmotiv di collegamento. Il carattere “ripetitivo” dell’opera letteraria si traspone molto bene a livello pratico nella struttura sequenziale tipica dello show a episodi. Ogni romanzo viene sviluppato nell’arco di due puntate.
Il risultato è una forma cine-televisiva che, costruendosi su elementi cadenzati (i travestimenti e gli intrighi di Olaf, gli interventi dell’autore), si basa sulla prevedibilità degli eventi, senza suscitare noia e disinteresse, bensì il contrario.
A ciò si aggiunge la sceneggiatura di Handler il quale, da scrittore a tutti gli effetti, propone tutta la sua letterarietà attraverso un efficace sistema metanarrativo. Infatti, nei momenti di massimo climax, colpi di scena e snodi drammatici, puntualmente Lemony Snicket appare per teletrasportare lo spettatore dietro le quinte, svelando l’artificiosità della narrazione di una narrazione.
In questo meccanismo si gioca tutta la fruizione della serie: in quelle frazioni di scena si attua unasublimazione estraniante che porta ad una ricercata macabra ironia. La tragedia surreale delle vicende degli orfani viene esorcizzata dal disvelamento continuo della messinscena.
Forme e contenuti arrivano a coincidere, in una serie che ruota attorno al binomio apparenza/realtà: gli unici cortocircuiti che rivelano il continuo gioco di scatole cinesi sono costituiti dagli interventi dell’autore/narratore onnisciente e dalle innate capacità dei ragazzi. I protagonisti, infatti, nel mondo degli adulti dove l’ottusità regna, incarnata dall’idiozia dei loro tutori, si ritrovano certo declassati, ma allo stesso tempo sono sempre un passo avanti, poiché vedono e interpretano il mondo da un altro punto di vista. Il falso viene sempre scovato, i piani maligni di Olaf sempre sventati.
Una serie di sfortunati eventi: Neil Patrick Harris si traduce nel sadico e istrionico Olaf
L’atmosfera cupa, la gravità, il gusto amaro governano tutta la serie: dalle situazioni bizzarre o paradossali, via per l’inesorabile declino catastrofico che culmina nell’ennesimo misfatto, fino agli orribili destini dei personaggi. Nel cinismo e humour nero dello show ben si inserisce Neil Patrick Harris, che da sfoggio di tutte le sue capacità trasformistiche e attoriali (già notate nei vari espedienti che il suo Barney Stinson impiegava per abbordare ragazze in “HIMYM”).
In questo perenne clima tetro, Sonnenfeld e Handler hanno costruito un mondo senza tempo, quasi fiabesco, dove al centro si pone il percorso formativo dei ragazzi, costretti ad abbandonare la loro innocenza e le loro illusioni per cercare di cavarsela da soli, sopravvivere e trovare la propria strada.
Alfonso Canale
20/01/2017