Il regista Marco Bonfanti e alcuni attori del cast oggi hanno incontrato una platea di giornalisti alla Casa del Cinema, dopo la proiezione del film “L’uomo senza gravità“.
L’uomo senza gravità: l’insostenibile leggerezza dell’essere
La conferenza è iniziata con il saluto di Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma, che ha voluto spendere due parole in merito alla prima delle sei pre-aperture della festa, da lui stesso definito come un “film delizioso“.
Ha poi presentato la sua pellicola il regista, già autore del documentario “L’ultimo dei pastori” simile nell’atmosfera di ingenuità, e ha descritto quest’opera come una favola ancorata alla realtà. Ha spiegato come l’idea fosse nata durante una camminata con Anna Godano, compagna e produttrice del film, mentre si interrogavano sulle poche certezze di questo pianeta, tra cui la gravità appunto. La vicenda, ha detto Bonfanti, copre 45 anni di storia di quest’uomo, traendo ispirazione dalla leggerezza di Italo Calvino, una leggerezza che si scontra contro la pesantezza di una società, quella attuale, che impedisce di essere liberi ed essere se stessi.
Bonfanti ha posto l’attenzione sull’anima di Oscar, il personaggio interpretato da Elio Germano, che non muta con lo scorrere del tempo, restando semplice, puro e ingenuo.
L’uomo senza gravità: l’inadeguatezza di rimanere se stessi
Viene poi chiesta l’importanza del tema del rosa, che accompagna l’arco temporale di Oscar nella forma di uno zainetto sempre portato sulle spalle, che permette al protagonista di restare con i piedi per terra.
Il rosa, ha risposto il regista, prende ispirazione da Dumbo l’elefantino ed è un mezzo per togliere questa area di machismo che domina questo momento storico e politico e lo zaino rappresenta da un lato il simbolo dell’istituzione scolastica e dall’altro l’amore, nel colore che lo identifica.
Anche il ruolo della bambina, Agata, che avvicina Oscar da piccolo, è simbolico, essendo l’unica che va oltre la realtà e i preconcetti, senza giudicarlo, ma vedendolo per quello che è, icona della purezza che si ha da bambini, vestita di rosa, un rosa che torna nel corso del tempo, anche nella vita adulta. Quello stesso rosa che generalmente viene legato alla debolezza della femminilità, ma che qui ha voluto rappresentare la forza, prorompente ma delicata e che consente di addentrarsi nel mondo restando quello che si è veramente.
Elena Cotta si è detta felice di questa opportunità e ha trovato congeniale questo mondo in cui ci si poteva esprimere con la fantasia.
Bonfanti ha aggiunto che il film è stato complesso da realizzare, per gli effetti speciali impegnativi e le svariate location, ma che la cosa importante era lavorare per rendere tutto fluido e leggero.
Ha chiuso poi la conferenza un contributo video di Elio Germano, assente per impegni lavorativi. L’attore ha parlato di Oscar come un personaggio in qualche modo sbagliato, che lotta per integrarsi nel sociale e per essere accettato e quando decide di mostrare il suo vero Io al mondo, quello cerca di mercificarlo, mortificandolo anche nella esposizione e sovraesposizione della sua famiglia.
Una versione di Alice che precipita nel mondo delle Meraviglie, che lo sfrutta senza comprenderlo, senza capire che “…leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore“.
Chiaretta Migliani Cavina