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Vallanzasca – Gli angeli del male – Recensione

Dopo il successo di “Romanzo criminale”, Michele Placido si sposta al nord per raccontare la vita del malavitoso milanese Vallanzasca, interpretato dall’abilissimo Kim Rossi Stuart

Regia: Michele Placido – Cast: Kim Rossi Stuart, Valeria Solarino, Filippo Timi, Gaetano Bruno, Francesco Scianna – Genere: Drammatico, colore, 125 minuti – Produzione: Italia, 2010 – Distribuzione: 20th Century Fox – Data di uscita: 21 gennaio 2011.

vallanzasca-gli-angeli-del-male“Quando Dio ti concede un dono, ti consegna anche una frusta; e questa frusta è predisposta unicamente per l’autoflagellazione”. Con tale frase di Truman Capote, cui il rumore delle sbarre che rinchiudono uno dei criminali più pericolosi del nostro dopoguerra, fa da sottofondo, Michele Placido apre il suo ultimo lavoro, intitolato “Vallanzasca – Gli angeli del male”.

Se molto diversi tra loro sono i doni destinati ai tre (Capote, Placido e Vallanzasca), comune a tutti è invece l’inesorabile calare della frusta come effetto di tali concessioni. Fu in effetti ‘autodistruzione’ , la parola chiave dell’esistenza, tanto di uno scrittore come Capote, che temette tutta la vita il confronto delle proprie capacità con la vera arte, quanto di quella del Vallanzasca giovane della Milano degli anni ’70, che della sua bellezza e della propria arguzia fece strumento di scelleratezza. Quattro ergastoli e la condanna a scontare 260 anni di carcere sono forse la conferma di quanto stiamo dicendo e il film di Placido una riproposizione della ascesa e della disfatta di un personaggio, che, a dispetto delle comprensibili polemiche, tutto risulta essere tranne che un “eroe”.

Tra le inquadrature di una regia che bene indaga il protagonista con campi medi, lunghi, primi piani e dettagli ottimamente curati, si scopre un Kim Rossi Stuart nei panni di Vallanzasca, la cui somiglianza con l’originale e i toni recitativi, davvero non conoscono eguali. Una eccezionalità che, se escludiamo l’occhio ceruleo, non è dovuta ad una comunanza di tratti somatici, bensì al lungo ed ossessivo studio eseguito dall’attore sulla gestualità e il carattere del recluso ancora vivente. Se come recitato nel film, tra tutti quelli che nascono scarafaggi, scienziati, Santa Teresa di Calcutta, Vallanzasca è quello nato per fare il ‘ladro’ non vi è alcun dubbio che allora Rossi Stuart sia tra quelli nati per fare ‘l’attore’. Ad aiutare poi il protagonista a tirar fuori tutta la tracotanza, la spietatezza e i toni beffardi e scanzonati del metodico Renè, gli altri non meno valevoli componenti del cast come Filippo Timi, Valeria Solarino e la bella Paz Vega.

Dunque un testo filmico in cui Placido è capace di raccontare con efficacia l’azione della malavita, senza incorrere nell’errore di ripetersi, nonostante l’esperienza di “Romanzo criminale”. Quale pertanto sarà il suo dono, come tralasciato nell’inizio del nostro discorso, non vi sono dubbi: la regia; mentre se vi state chiedendo quale sia la sua frusta: le rozze risposte alle giuste polemiche scatenate dai parenti delle vittime degli omicidi rappresentati.

Ma se “Vallanzasca – Gli angeli del male” è un film apologetico, lo spettatore si risponderà dopo la battuta finale. Se un sorriso complice con quello del protagonista si disegnerà sulle vostre labbra alla fine del film, non saranno pochi quelli colti dal dubbio. Ma ricordate: la responsabilità di eventuali atti di emulazioni non sarà mai colpa di un film, di una musica o di un libro, ma di una società e dei suoi componenti, a cui nascondere l’esistenza del ‘pronunciato lato oscuro’ di qualcuno, non insegnerà nulla.

Cecilia Sabelli

Vallanzasca – Gli angeli del male – Recensione

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