Misticismo e femminismo nella pellicola di Margarethe von Trotta
(Vision – Aus dem Leben der Hildegard von Bingen) Regia: Margarethe von Trotta – Cast: Barbara Sukova, Heino Ferch, Hannah Herzsprung, Lena Stolze, Alexander Held – Genere: Drammatico, colore, 110 minuti – Produzione: Germania, Francia, 2009.
Alla vigilia di Capodanno dell’anno 1000, una folla si raduna in una grotta per poi svegliarsi davanti ad un sole accecante. Tra questi la piccola Hildegard von Binden, che a soli otto anni viene portata al convento di Disibodenberg. Inizia così “Vision” di Margarethe von Trotta, incentrato sulla storia della religiosa benedettina e mistica tedesca realmente esistita, con una salute molto cagionevole, che ebbe visioni mistiche sin da quell’età.
Beatificata e acclamata santa a furor di popolo è considerata la protettrice degli utilizzatori dell’esperanto. Cresciuta e diventata badessa, all’età di quarant’anni, condusse una vita all’insegna del femminismo ante litteram, che la portò a scontrarsi con le alte gerarchie ecclesiastiche. Nonostante questo, fondò nel 1150 il monastero di Rupertberg. Con lei le sue consorelle e la sua protège Richardis rampolla di alto lignaggio.
La regista tedesca racconta la parabola di questa donna che si definiva “una piuma abbandonata al vento della fiducia di Dio”. Coltissima e forte, scoprì l’omeopatia, la musicoterapia e cominciò per prima a pensare ad una lingua universale. Per tutta la durata del film assistiamo al coraggio nel divulgare le sue visioni e usare i potenti del mondo. Prima tra tutte la madre di Richardis, donna ambiziosa, quasi al pari della nostra eroina.
Margarethe von Trotta mette l’accento sul carattere estremamente innovativo di questa mistica, ma fa anche venire qualche dubbio sulle motivazioni del suo agire. Siamo così sicuri che lei è così diversa da quel clero tutto al maschile che l’avversa? In fondo quanto conta per tutti loro il potere? Del resto, Hildegarda divenne confidente dell’Imperatore Federico Barbarossa prima di sfidarlo, quando questi oppose due antipapi ad Alessandro III ed aveva l’appoggio del potente monaco cistercense Bernardo di Chiaravalle.
Un discorso a parte nel film merita il suo rapporto con l’allieva Richardis/Hanna Herzsprung, quasi una figlia per lei ma con qualche aspetto che sconfina con il morboso. La mistica tedesca è Barbara Sukova, già premiata a Cannes con la regista tedesca per “Rosa Luxemburg”, che si trova a suo agio in una storia che piacerà a chi ama il medioevo con tutte le sue luci ed ombre. Ottima la musica. Un film di non facile lettura ma che non manca di buoni spunti.
Ivana Faranda