Vito Molinari, regista e pioniere della televisione italiana, ha segnato la storia con una carriera che ha spaziato dalla conduzione dei primi programmi della Rai fino alla direzione di oltre duemila trasmissioni. Nato a Sestri Levante il 6 novembre 1929, Molinari si appassionò fin da giovane alla recitazione e alla regia, fondando il Centro Universitario Teatrale di Genova e sperimentando al Circolo Lumen. Il suo nome è indissolubilmente legato all’invenzione del varietà della Rai, con programmi come “L’amico del giaguaro”, “Un due e tre” e una storica edizione di “Canzonissima” del 1962, dove alcuni personaggi come Dario Fo e Franca Rame vennero censurati. La sua innovazione e il coraggio artistico lo portarono a dirigere il programma inaugurale della Radio Televisione Italiana il 3 gennaio 1954, un momento fondamentale per la nascente televisione italiana. Molinari, che ha trascorso la sua vita oscillando tra la Riviera ligure e Milano, ha lasciato un segno profondo nel panorama culturale e mediatico italiano, diventando oggetto di numerosi aneddoti e controversie che hanno contribuito a definire l’evoluzione della Rai.
Gli inizi e il debutto televisivo
Fin dall’inizio della sua carriera, Vito Molinari si distinse per la sua passione e determinazione nel mondo delle arti performative e della regia. Da giovane, ha iniziato a cimentarsi nella recitazione e nella direzione teatrale, fondando un centro culturale a Genova che rappresentò il trampolino di lancio per la sua futura carriera televisiva. Durante il periodo sperimentale della televisione, egli venne scelto da Sergio Pugliese, direttore dei programmi della nascente Rai, per dirigere il programma inaugurale trasmesso il 3 gennaio 1954 dalla televisione italiana. In quell’occasione, il programma, trasmesso per un’ora nello studio televisivo di Corso Sempione a Milano, fu strutturato per mostrare le nuove tecnologie e spiegare come le immagini potessero essere trasmesse in tutto il paese. Questo debutto segnò un passaggio cruciale nella storia mediatica italiana e consolidò la reputazione di Molinari come innovatore. Egli non solo introdusse nuove tecniche di regia, ma contribuì anche a definire l’estetica e il linguaggio televisivo, ponendo le basi per un nuovo modo di fare intrattenimento. La sua abilità nell’unire la rigore tecnica a una sensibilità artistica lo rese rapidamente un punto di riferimento per colleghi e spettatori, e il suo impegno nel superare i limiti dell’epoca si fece presto notare a livello nazionale.
Negli anni successivi, Molinari si impegnò a sperimentare e a consolidare il suo stile, affrontando le sfide di un medium ancora in fase di definizione. La sua esperienza nei teatri e negli studi sperimentali gli permise di adattare le tecniche tradizionali alla nuova realtà televisiva, creando un ponte tra il palcoscenico e lo schermo. Questo periodo fu caratterizzato anche da una serie di incontri e collaborazioni che arricchirono ulteriormente le sue competenze, rendendolo uno dei protagonisti indiscussi degli inizi della Rai. La capacità di trasmettere innovazione e creatività, insieme a un’attenta cura dei dettagli tecnici, contribuì a far emergere la figura di Molinari in una fase di grande fermento culturale e tecnologico, lasciando un’eredità che ancora oggi viene ricordata con rispetto e ammirazione.
L’evoluzione del varietà della rai
Il percorso artistico di Vito Molinari è fortemente legato all’evoluzione del varietà della Rai, un genere televisivo che ha segnato profondamente la cultura italiana del dopoguerra. Nel corso della sua lunga carriera, Molinari ha diretto e firmato numerosi programmi di intrattenimento che hanno definito il panorama televisivo in bianco e nero e successivamente nei decenni successivi. Tra le trasmissioni che hanno fatto la storia vi sono “L’amico del giaguaro”, “Un due e tre” e l’indimenticabile edizione di “Canzonissima” del 1962, episodio nel quale la censura spinse al ritiro artistico di Dario Fo e Franca Rame. Questa esperienza, seppur controversa, ha evidenziato la forte personalità del regista e la sua capacità di affrontare temi delicati pur restando fedele a un’estetica intrattenitiva che sapeva coinvolgere il pubblico. La varietà, concepita come un mix di comicità, musica e momenti di riflessione, trovò in Molinari un interprete abile nel coniugare elementi tradizionali e innovativi. Accompagnato da rinomati colleghi come Eros Macchi, Mario Landi e Antonello Falqui, il regista riuscì a creare format che alternavano sketch comici, intermezzi musicali e momenti di improvvisazione, offrendo agli spettatori una ventata di freschezza in un’epoca di profondo cambiamento culturale.
Oltre alla capacità tecnica e artistica, Molinari si distinse per la sua abilità nel gestire grandi ensemble di artisti, coordinando interpreti di spicco come Alberto Bonucci, Monica Vitti, Nino Taranto, Delia Scala, Tina De Mola, Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, solo per citarne alcuni. Ogni trasmissione sotto la sua direzione divenne un laboratorio di sperimentazione e innovazione, capace di mettere in scena performance che ancora oggi vengono ricordate per la loro originalità e spontaneità. Grazie a questi programmi, il varietà della Rai divenne uno specchio fedele di una società in evoluzione, capace di fondere leggerezza ed impegno sociale pur mantenendo una struttura di intrattenimento che poteva essere fruita da un vasto pubblico. La capacità di rinnovarsi e di anticipare tendenze, unita a un profondo rispetto per la tradizione, rimane uno degli aspetti più significativi del contributo di Molinari al mondo televisivo italiano.
L’impegno in teatro e la scrittura
Parallelamente alla brillante carriera televisiva, Vito Molinari ha saputo lasciare un segno anche nel mondo del teatro e della letteratura. Nel corso dei decenni ’50 e ’70, il regista ha diretto numerosi spettacoli teatrali, operette e commedie musicali, collaborando con enti lirici e festival di rilievo come il Festival di Trieste e le principali istituzioni teatrali di Palermo, Napoli, Torino, Cagliari e Roma. Tra le opere messe in scena si annoverano titoli celebri come “Cavallino bianco”, “Principessa della Czardas”, “Scugnizza”, “Il pipistrello” e “Vedova allegra”. La sua capacità di interpretare e reinventare il linguaggio scenico gli ha permesso di dirigere musical, commedie e drammi, esprimendo con forza la propria visione artistica in un ambito molto variegato. Oltre alla regia teatrale, Molinari ha contribuito a scrivere e produrre oltre 500 brevi sceneggiati andati in onda su “Carosello”, lo storico spazio pubblicitario della Rai che ha segnato per vent’anni la storia della televisione italiana.
Non soltanto regista, Molinari ha anche firmato diverse pubblicazioni che testimoniano la sua lunga esperienza e il suo profondo rapporto con il mondo dello spettacolo. Tra i libri pubblicati ricordiamo “Le mie subrettes”, “I miei grandi comici”, “Carosello… e poi tutti a nanna. 1957 – 1977: i vent’anni che hanno cambiato l’Italia” e “La mia Rai”. Queste opere rappresentano una sorta di memoria documentata di un’epoca in cui la televisione era in continua trasformazione, offrendo al lettore uno sguardo autentico e personale sul dietro le quinte di una delle arti più influenti del Novecento. Inoltre, nel 2006 Molinari aveva curato uno spettacolo teatrale intitolato “Umorista sarà lei” e, nel 2009, aveva realizzato un commento in video per una serie di DVD dedicati alla storia di “Carosello”. L’evidenza del suo impegno si rispecchia anche nell’ultima apparizione pubblica, avvenuta il 28 febbraio 2024, quando si fece ospite di Massimo Giletti a “La tv fa 70” su Rai 1, contribuendo a celebrare i settant’anni della Rai con la sua consueta professionalità e carisma.
Eventi controversi e censura nella carriera
La carriera di Vito Molinari non fu esente da momenti di forte tensione e controversia, episodi che testimoniarono le difficoltà di operare in un periodo in cui la comunicazione televisiva era sottoposta a rigidi controlli e a una costante pressione politica. Un episodio memorabile si verificò il 2 agosto 1959, quando il varietà “Un due tre”, condotto da Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi, venne improvvisamente interrotto a seguito di una parodia su un incidente occorso al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. L’episodio fu considerato inappropriato dai vertici della Rai e, nonostante il successo riscontrato immediatamente in studio, i due comici si trovarono a dover affrontare le conseguenze, con l’invio di lettere di licenziamento. Un altro episodio di censura segnò la trasmissione di “Canzonissima” del 1962, condotta da Dario Fo e Franca Rame, in cui vi furono contrasti violenti con i dirigenti della Rai a causa di uno sketch sul tema della sicurezza nei cantieri. La decisione di censurare il brano portò alla rottura tra la Rai e i conduttori, costringendoli a ritirarsi poco prima della messa in onda della trasmissione. Questi eventi, pur rappresentando una parte controversa della storia della televisione italiana, evidenziano come le decisioni artistiche di Molinari e dei suoi collaboratori siano state spesso al centro di dibattiti intensi e politicamente carichi.
Gli episodi di censura e le tensioni con l’establishment hanno contribuito a creare un clima di confronto e di resistenza, in cui le innovazioni proposte da Molinari venivano spesso contrastate da chi riteneva che l’arte televisiva dovesse aderire a rigidi canoni istituzionali. Tuttavia, anche queste vicende hanno rafforzato l’immagine del regista come un professionista in grado di spingersi oltre i limiti imposti, facendo della sua esperienza un esempio di coraggio e determinazione. La memoria di questi momenti controversi è oggi parte integrante della narrativa storica della Rai e rappresenta un capitolo significativo nella storia della comunicazione in Italia, un ricordo che testimonia il prezzo pagato per l’innovazione e per il libero spirito creativo nel panorama mediatico nazionale.